MEF Risoluzione n. 1 su IRAP- Automatismi fiscali – Aliquota per le Amministrazioni pubbliche – Quesito

OGGETTO: Imposta regionale sulle attività produttive -IRAP- Automatismi fiscali – Aliquota per le Amministrazioni pubbliche – Quesito.

Con e-mail in riferimento codesta società ha chiesto di conoscere se nelle regioni Calabria e Molise l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP applicabile alle Amministrazioni pubbliche sia quella dell’8,5 per cento, come affermano le regioni interpellate, o se detta aliquota debba essere anch’essa maggiorata di 0,15 punti percentuali, e cioè della misura riportata nel Comunicato Stampa dell’Agenzia delle entrate del 1° luglio 2020.

Al riguardo, al fine di offrire un corretto inquadramento della fattispecie in questione occorre prendere le mosse dall’esame delle norme che disciplinano il tributo e ripercorrere, poi, l’evoluzione normativa che ha interessato i cosiddetti “automatismi fiscali”, che comportano l’automatica applicazione nella misura massima prevista dalle norme vigenti dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche-IRPEF e delle maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP.

E’ necessario innanzitutto rilevare che le aliquote dell’IRAP sono individuate dall’art. 16 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 che al comma 1 dispone che l’imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota ordinaria – attualmente pari al 3,9 per cento – “salvo quanto

previsto dal comma 2…”, che fissa l’aliquota per le Amministrazioni pubbliche nella misura dell’8,5 per cento.

Altre misure di aliquota, dettate per specifiche fattispecie, sono, infine, stabilite dal comma 1-bis dell’art. 16 in esame.

La manovrabilità in aumento delle aliquote è disciplinata dal comma 3 dello stesso art. 16 del D.Lgs. n. 446 del 1997 che consente alle Regioni ed alle Province autonome di variare fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali le sole aliquote “di cui al comma 1 e 1-bis”, eventualmente differenziandole per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

Il chiaro tenore letterale dell’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997 rende evidente che agli enti impositori non è consentito incrementare l’aliquota “speciale” di cui al comma 2 stabilita per le Amministrazioni pubbliche, che, quindi, a differenza delle altre aliquote, non può essere soggetta a variazioni.

Sul punto, sia pure con riferimento a diverse tipologie di aliquota che per alcune annualità sono state considerate “speciali”, la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 357 del 2010 e

n. 128 del 28 maggio 2019, ha chiarito che la facoltà di variazione dell’aliquota IRAP è riferibile alla sola aliquota di cui al comma 1 dell’art. 16 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e non anche alle aliquote speciali. La Corte, inoltre, non ha mancato di sottolineare che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina del tributo in esame rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, per cui la potestà legislativa attribuita alle regioni deve essere esercitata nei limiti fissati dal legislatore statale. L’IRAP, infatti, deve essere annoverata tra i tributi propri derivati, di cui all’art. 8, comma 3, del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, e cioè tra i tributi “istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni”, come specifica l’art. 7, comma 1, lettera b), n. 1 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

Tale assetto è stato confermato anche dall’art. 5, comma 1, dello stesso D.Lgs. n. 68 del 2011 che, nello stabilire che ciascuna regione a statuto ordinario può, con propria legge, ridurre le aliquote dell’IRAP fino ad azzerarle e disporre deduzioni dalla base imponibile, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell’Unione europea, stabilisce, infine, che “resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446”.

Il riconosciuto carattere “speciale” dell’aliquota per le Amministrazioni pubbliche acquista un particolare significato quando si passa ad affrontare la problematica degli aumenti dell’aliquota IRAP determinati dai cosiddetti “automatismi fiscali”, che sono, peraltro, espressamente richiamati dal comma 4 del citato art. 5 del D. Lgs. n. 68 del 2011, nel quale si ribadisce che “restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari”.

Al riguardo si fa presente che al momento in cui non siano stati tempestivamente adottati da parte della regione interessata i provvedimenti necessari per la copertura del disavanzo di gestione nel settore sanitario, in base all’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 si applicano “nella misura massima prevista dalla vigente normativa l’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive”, con la conseguenza che “i contribuenti liquidano e versano gli acconti d’imposta dovuti nel medesimo anno sulla base della misura massima dell’addizionale e delle maggiorazioni d’aliquota di tali imposte”. Il tenore letterale della norma, che fa espressamente riferimento all’applicazione delle “maggiorazioni” dell’aliquota IRAP nella misura massima prevista dalla normativa vigente, induce a ritenere che siano suscettibili di incremento automatico esclusivamente quelle aliquote che, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 446 del 1997, possono essere maggiorate.

Appare evidente che l’aliquota dell’8,5 per cento per le Amministrazioni pubbliche, non potendo, per sua natura, essere incrementata, rimane esclusa dall’applicazione degli automatismi fiscali.

Alle stesse conclusioni si perviene nelle altre ipotesi disciplinate dalle norme in materia, come ad esempio, nel caso in cui le regioni abbiano sottoscritto un Accordo con lo Stato contenente un Piano di rientro dai deficit sanitari per le quali l’art. 2, comma 80 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, stabilisce che “resta fermo l’obbligo del mantenimento, per l’intera durata del piano, delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale regionale all’IRPEF ove scattate automaticamente ai sensi dell’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”.

Un altro caso è quello in cui per le Regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari, in sede di verifica annuale, sia stato accertato, dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano, con conseguente determinazione di un disavanzo sanitario. Tale ipotesi è disciplinata dall’art. 2, comma 86, della legge n. 191 del 2009, che comporta “oltre all’applicazione delle misure previste dal comma 80 …, l’incremento nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e di 0,30 punti percentuali dell’addizionale all’IRPEF rispetto al livello delle aliquote vigenti, secondo le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”.

La fattispecie in esame è quella che si è in concreto realizzata nell’esercizio 2019 per le Regioni Calabria e Molise; nel comunicato del Dipartimento delle finanze del 1° luglio 2020 e nel citato Comunicato dell’Agenzia delle entrate in pari data, è stato, infatti, evidenziato che nelle suddette Regioni si erano realizzate “le condizioni per l’applicazione automatica delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali” prevista dall’art. 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Il meccanismo delineato dalle norme in questione comporta, quindi, che l’incremento di 0,15 punti percentuali dell’aliquota IRAP vada ad aggiungersi alle maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP disposte dal comma 80 dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 che siano scattate automaticamente ai sensi dell’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004.

Da ciò consegue che la misura di 0,15 punti percentuali non può essere aggiunta all’aliquota dell’8,5 per cento stabilita per le Amministrazioni pubbliche alla quale, come innanzi illustrato, non si applicano le maggiorazioni IRAP.

IL DIRETTORE GENERALE DELLE FINANZE

Fabrizia Lapecorella [firmato digitalmente]

ANQUAP – Associazione Nazionale Quadri delle Amministrazioni Pubbliche

 


 

Fonte: ANQUAP | pubblicato in data

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